Fu il tè a causare la guerra di Indipendenza Americana

Con la pace di Parigi del 1763, successiva alla guerra die sette anni (1756), l’Inghilterra ottenne dalla Francia la regione tra i monti Appalachi e il Mississipi e, dalla Spagna, la Florida. In seguito a questa conquista la Gran Bretagna accentuò la sua politica di accentramento e dimagrir intervento sulle colonie americane sia per l’aspetto economico che costituzionale.

In linea con questa politica fu varato lo Stamp Act, una legge del 1765 proposta da George Grenville che stabilì l’estensione alle colonie americane delle imposte di bollo applicate in Inghilterra e introdusse alcune tasse su molti prodotti importati nel Nuovo Mondo, fra cui il tè.

Questi provvedimenti alimentarono però sentimenti nazionalistici e rivoluzionari e furono duramente contestati dai rappresentanti delle colonie riuniti al congresso di New York. Così il governo di Londra, sospese provvisoriamente l’applicazione di queste imposte ma, nel 1767 decise di imporre una serie di nuove tasse su molti articoli di prima necessità tra cui: piombo, vetro, carta, vernici, derivati della lavorazione dello zucchero (che servivano per preparare il Rum e, ancora una volta, il tè.

I coloni ovviarono al problema sia con il contrabbando, grazie alle navi olandesi, sia boicottando il consumo del tè con altre piante locali che, pur non avendo lo stesso gusto del tè, avevano almeno il sapore della libertà (come garantivano i manifesti propagandistici clandestini che venivano affissi ai lati degli ingressi di tutti i negozi specializzati in prodotti europei.

Le donne dichiararono che non avrebbero più bevuto tè per non arricchire l’Inghilterra e anzi organizzarono una vera e propria “resistenza” contro la madrepatria, della quale mal si sopportava la politica vessatoria. L’Inghilterra reagì varando nel 1773 il “Tea Act”, che esentava il teda qualsiasi tipo d imposta, a parte una piccola tassa doganale.

Sempre nel 1773 tre velieri inglesi (Dartmouth, Eleanor e Beaver) partirono dall’Inghilterra con 250 tonnellate di tè a bordo, destinato alle colonie americane. La sera del 27 novembre la Dartmouth giunse nei pressi del porto di Boston e gettò l’ancora in attesa che un pilota potesse guidarla nel porto. Una serie di pretesti rallentò le operazioni di attracco e la nave riuscì a entrare nel porto solo il 30 novembre. L’ufficiale al comando, il capitano William Hall, diede l’ordine di iniziare a scaricare le merci, ma, preoccupato dalle tensioni e la palese ostilità manifestata nei confronti della sua nave, ordinò di tenere a bordo il tè.

Il 2 dicembre intanto giunse al porto anche l’Eleanor seguita a poca distanza dalla Beaver. L’atmosfera si fece molto tesa dalla comparsa di alcuni cartelli la cui firma era: il popolo! Questi cartelli recitavano: “Miserabili e indegni di pietà, sarete le prime vittime della nostra giusta collera”

Le truppe inglesi preposte al controllo del territorio e alla sicurezza delle navi, capitanate dal Colonnello Thomas Leslie, non sapendo come affrontare la situazione, restarono inermi in attesa dell’evolversi degli eventi.

Intanto la gente si ammassava ormai da diversi giorni nei pressi delle banchine dove erano ormeggiate le navi. La sera del 16 dicembre, nonostante il crepuscolo anticipato da nubi cariche di pioggia, molti notarono movimenti sospetti a bordo dei velieri inglesi: alcune ombre indistinte buttavano in mare le casse di tè.

La voce corse e in breve una folla di bostoniani si riversò al porto trionfante per l’accaduto. Alle 21 tutto il carico galleggiava sulle acque del porto. Al colonnello Leslie fu riferito che alcuni di quelli che avevano partecipato all’azione di sabotaggio sembravano appartenere alla tribù dei Mohicani. Nessuno seppe mai il nome degli autori di questo atto di ribellione. In realtà, gli appartenenti alla società segreta dei “Figli della Libertà”, travestiti da indiani locali, quella notte avevano gettato in acqua 342 casse di tè davanti a una folla plaudente, causando alla Compagnia delle Indie un danno economico ingente e schiaffeggiando politicamente la Corona.

La notizia dell’episodio, battezzato ironicamente “Boston Tea Party” volò tra le colonie americane da Charleston a New York, da Greenwich a Philadelphia e organizzarono a loro volta delle rivolte analoghe, scaricando in mare il tè inglese marchiato come “worst of plagues, detested tea” (tè odiato e peggiore della peste).

Il parlamento inglese inviò la Marina da guerra e il 31 marzo del 1774 la flotta britannica impose il blocco navale al porto di Boston, arrestò alcuni notabili della città e ingiunse il pagamento di tutto il tè distrutto.

L’operazione però fu l’ennesimo errore della politica inglese. Le colonie americane si ribellarono e dopo la Dichiarazione di Indipendenzadi Thomas Jefferson ebbe inizio la guerra di Indipendenza.

Terminato il conflitto, il tè rimase il simbolo dell’oppressione e il suo rifiuto sinonimo di patriottismo e per circa un secolo non se ne consumò affatto preferendo il caffè, che ancora oggi detiene negli Stati Uniti il primato di bevanda più gradita.

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